top of page

Un mare di plastica

  • Matteo Fabbri
  • 26 apr 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

L'inquinamento è un'alterazione dell’ambiente naturale dovuto all’antropizzazione (l’inserimento di forma umana in contesto naturale) da parte di elementi inquinanti. Esso produce disagi temporanei, patologie o danni permanenti per la vita in una data area e può porre la zona in disequilibrio con i cicli naturali esistenti. L'alterazione può essere di origini diversa: chimica o fisica.



Gli effetti sulla salute umana della scarsa qualità dell'aria sono di vasta portata, ma influiscono principalmente sul sistema respiratorio del corpo e sul sistema cardiovascolare. Le reazioni individuali agli inquinamenti atmosferici dipendono dal tipo di inquinante a cui una persona è esposta, dal grado di esposizione, dallo stato di salute dell’individuo.

Un fattore incrementante della quantità di inquinamento sulla terra è la plastica nei mari.


Tutto prima o poi finisce in mare. A causa di questo sono nate nuove forme di inquinamento che fino a poco tempo fa venivano sottovalutate.

Sono circa 260 milioni le tonnellate di plastica prodotte all’anno, delle quali il 10% finisce in mare.


Circa l’80% dei rifiuti in mare aperto è costituito, infatti, da rifiuti di plastica. La plastica presente nei mari è una delle emergenze più importanti a livello ambientale presenti oggi.

Un fenomeno che rischia di diventare presto ingovernabile e che provoca ingenti danni agli ecosistemi ed alla salute degli organismi viventi.

A causa di tutti questi rifiuti si è venuta a formare l’isola “rifiutata” che si trova al centro dell’oceano Pacifico , dove le correnti intrappolano molti dei rifiuti abbandonati in mare e li “disperdono”, facendoli arrivare a questa isola si plastica.



I dati più recenti del WWF, sono oltre 267 le specie marine che presentano nei loro stomaci rifiuti di plastica. Ogni anno muoiono un milione di uccelli e centomila mammiferi a causa dei rifiuti sversati in mare.


Peter Hollman, docente universitario inglese, spiega:

“Si registrano elevate concentrazioni di microplastiche nei pesci, ma poiché queste sono presenti per lo più nello stomaco e nell’intestino, vengono spesso eliminati e i consumatori non ne risultano esposti. Tuttavia, nel caso dei crostacei e dei molluschi bivalvi, come le ostriche e le cozze, il tratto digestivo viene consumato, per cui si ha una certa esposizione a queste microplastiche”.

Infatti i granchi, come è stato dimostrato da un altro scienziato, Philip Cowie, assieme agli altri crostacei sono particolarmente sensibili all’assorbimento delle microplastiche. E per loro è anche complicato riuscire a smaltire questi rifiuti.



La plastica che ormai si è insediata nei nostri mari non nuoce solamente all’uomo e all’ambiente, ma anche alle specie che vivono in acqua anche se non la ingeriscono. Qui abbiamo un esempio di tartaruga deformata a causa di un imballaggio.



Più della metà di tutta la plastica che finisce negli oceani (circa il 60%) proviene da cinque nazioni asiatiche: Cina, Filippine, Indonesia, Vietnam e Thailandia. La Cina è responsabile di ben 3,5 milioni di tonnellate di plastica che finiscono ogni anno nei mari. Altrettanto grave è la situazione nelle Filippine (550mila tonnellate l’anno) dove è praticamente inesistente il riciclo, tanto che il 90% della plastica illegalmente smaltita finisce proprio in mare. Generalmente, nei cinque Paesi sopra elencati, solo il 40% della spazzatura viene raccolta per lo smaltimento, ma a sua volta presenta numerosi limiti a causa dell’abusivismo e delle discariche non sufficientemente isolate.


“Non sei mai troppo piccolo per fare la differenza.”

Comments


  • Facebook
  • LinkedIn

©2020 di Le pagine di Rodari. Creato con Wix.com

bottom of page